Cosa è davvero il Manga?

Pubblicato il 19 ottobre 2024 alle ore 20:28

Ma i fumetti giapponesi sono davvero pericolosi per i ragazzi? Scopriamolo insieme.

I fumetti giapponesi, meglio noti come manga, rappresentano un aspetto della cultura contemporanea del Giappone largamente conosciuto e diffuso all’estero. Eppure in Italia la parola manga (composta dagli ideogrammi kanji man 漫, bizzarro, o anche libero, senza restrizioni, e ga 画, che vuol dire pittura, disegno) è tuttora circondata da un alone di sospetto e diffidenza, perché spesso associata all’idea di prodotto infantile, destinato ad un pubblico di bambini o di adulti poco cresciuti o, nel peggiore dei casi, addirittura stigmatizzato come pornografico e pericoloso per le menti dei lettori più giovani.

In realtà il mondo dei fumetti giapponesi è così vasto da comprendere un’enorme varietà di generi.

Una così ampia gamma di opere  passa inevitabilmente anche attraverso i due estremi dell’infantilismo e della pornografia, ma tra essi si colora di infinite sfumature. Il disegno è un mezzo di espressione così versatile da poter essere usato per esprimere ogni concetto ed ogni sentimento conosciuti, in maniera forse anche più incisiva e diretta rispetto ad altre forme di arte visiva.

E così, accanto alle serie d’azione o sentimentali, horror o noir, erotiche o comiche, trovano posto anche autori che propongono lavori ispirati a saghe epiche tratte dalla storia del Giappone feudale, opere grafiche che illustrano capolavori della letteratura nazionale o che invece riflettono su avvenimenti di strettissima attualità, come ad esempio “1F: diario di Fukushima” (di Kazuto Tatsuta, ed. Star Comics), scritto e disegnato da un operaio addetto ai lavori di messa in sicurezza della centrale nucleare Tepco di Fukushima, il quale – protetto dall’anonimato del nome d’arte – ha potuto così fornire una testimonianza diretta ed assolutamente inedita di fatti altrimenti inaccessibili ai mass media.

Non deve perciò sorprendere l’enorme diffusione che i manga hanno in Giappone; stando alla classifica Oricon, nel 2016 le prime dieci serie a fumetti più diffuse nel paese hanno venduto infatti oltre 60 milioni di copie. In Italia siamo ben lontani da questi numeri, ma il proliferare di negozi di fumetti e corsi di disegno specializzati in manga, accanto alla presenza di canali televisivi monotematici dedicati agli anime (cartoni animati giapponesi), sta certamente ad indicare un interesse crescente per questo genere anche nei lettori italiani.

E’ poi ancora vivo il dibattito su cosa debba considerarsi come elemento realmente caratterizzante del fumetto giapponese. Certamente l’aspetto grafico e la diversa impaginazione sono i primi elementi a colpire l’attenzione del lettore occidentale inesperto. I volumi presentano, infatti, la rilegatura a destra e vanno sfogliati ‘al contrario’, partendo da quella che per noi è solitamente l’ultima pagina. Le vignette all’interno mostrano una composizione grafica diversa rispetto al fumetto occidentale, che inizialmente può creare un senso di confusione nel lettore abituato ad un diverso percorso, ma che ha il preciso scopo di rendere con maggiore intensità l’atmosfera emotiva della storia più che il semplice concatenarsi delle scene e delle azioni.

Lo stile – inizialmente caratteristico – dei disegni, dominato da figure di aspetto infantile, con occhi enormi e  rotondeggianti, e da proporzioni tra testa e corpo più del bambino che dell’ adulto, si è molto evoluto nel tempo ed è ormai così differenziato e personale, variando enormemente da un autore all’altro, da non potersi più considerare come una sorta di cifra stilistica. Basti pensare allo stile assolutamente unico del grande mangaka Jiro Taniguchi, scomparso l’11 febbraio 2017, che con la propria arte ha fatto vivere in forma di fumetto opere letterarie come “Bocchan” di Natsume  Soseki (pubblicato in Italia da Neri Pozza col titolo ‘Il signorino’) ed ha creato originali graphic novel, in grado di rappresentare i complessi sentimenti dell’adolescenza e di riflettere sul passaggio tra infanzia ed età adulta con la profondità e la delicatezza di un poeta.

Neanche gli strumenti utilizzati bastano a delineare il perimetro del manga, se si pensa ad esempio a Vagabond, la monumentale opera di Takehiko Inoue, che racconta la vita del samurai Musashi Miyamoto attraverso tavole di grandissimo impatto visivo ed emotivo, realizzate non solo con pennini da disegno, ma anche con carboncini e pennelli da calligrafia, come in un antico kakekomo (dipinto eseguito su strisce di stoffa o carta appeso verticalmente).

E’ quanto mai arduo, quindi, dire cosa sia in realtà un manga, e se davvero esista un elemento che lo renda diverso da ogni altro tipo di fumetto nel mondo ed esclusivo della cultura giapponese.

Personalmente ritengo che la miglior definizione sia quella data da Eijiro Shimada, direttore della rivista Morning ed organizzatore del M.I.M.C. (Morning International Manga Competition):

“Il manga è qualcosa che descrive in modo vivido e profondo gli esseri umani.”

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